Janet era andata a preparare il bagno quando, con mio grande terrore, la zia parve a un tratto irrigidirsi per l’indignazione, e trovare a stento la voce per gridare:
“Janet! Gli asini!”
Allora Janet corse a precipizio giù dalle scale come se la casa fosse in preda alle fiamme, si slanciò sul praticello che si trovava davanti al giardinetto e ne scaccio due asini, bardati e montati da due donne, i quali avevano avuto l’ardire di calpestarlo con gli zoccoli; nel frattempo mia zia si era precipitata anche lei fuori casa, aveva afferrato le briglie di un terzo animale montato da un bambino, gli aveva fatto fare dietro-front trascinandolo fuori da quei sacri confini e somministrando un solenne scapaccione allo sventurato piccolo asinaio che aveva osato profanare il suolo vietato.
Non so ancora adesso se mia zia desse qualche legale diritto di passaggio su quel praticello: certo si era ficcata in testa di averlo, quel diritto, e per lei era esattamente la stessa cosa. Il maggiore oltraggio della sua vita, l’oltraggio che doveva essere vendicato senza tregua, era il passaggio di un asino su quel suolo immacolato. Qualunque cosa stesse facendo, qualunque interesse avesse per lei la conversazione in cui era impegnata, la vista di un asino mutava immediatamente il corso dei suoi pensieri, e lei irrompeva contro il nemico. Secchi d’acqua e innaffiatoi stavano nascosti in luoghi segreti, pronti per essere svuotati sui giovani asinai prevaricatori; numerosi bastoni erano imboscati dietro l’uscio; a ogni momento si compivano uscite bellicose: insomma, era una guerra permanente. Può darsi che gli asinai ci si divertissero un mondo; può darsi, anche, che i più sagaci fra gli asini, avendo compreso come stessero le cose, provassero un piacere particolare nel passare su quel prato in virtù della loro esemplare ostinazione. Certo è che, prima che il mio bagno fosse pronto, ci furono tre allarmi; e che, in occasione dell’ultimo e più terribile di tutti, vidi mia zia sola e senza armi ingaggiare battaglia contro un ragazzo biondastro di una quindicina d’anni, e sbattergli la testa color sabbia contro il cancello, senza concedergli neppure il tempo di capire che cosa gli stesse accadendo. Queste interruzioni mi sembravano anche più buffe perché mia zia era occupata a somministrarmi del brodo con un cucchiaio (si era fatta la profonda convinzione che stessi morendo di fame e che quindi fosse necessario riabituarmi al cibo a piccole dosi) e spesso, mentre la mia bocca era aperta per accogliere il cucchiaio, lei lo lasciava ricadere nella scodella, gridando: “Janet! Gli asini!” E partiva all’assalto.
Per accompagnare
Per stravolgere